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«Veto irricevibile, la Cei stia al suo posto»

  • Immagine del redattore: Radicali Roma
    Radicali Roma
  • 31 gen 2007
  • Tempo di lettura: 3 min

Presidente Angius, la Cei dice che della legge sulle coppie di fatto si può fare a meno…«La posizione della Cei è chiara, ma irricevibile. E’ assolutamente neces­sario avere una legislazione che con­senta di governare le convivenze: c’è in tutti i paesi europei, compresa la cattolica Spagna, perché non in Italia?».   Già, perché?«Non vorrei essere banale, ma sia in Occidente che in Oriente assistia­mo a una certa invadenza delle chie­se nella sfera pubblica…».   In Italia più che altrove?«Guardando all’Europa, direi di sì. Evidentemente le forze democratiche italiane sottovalutano il tema della neutralità delle istituzioni pub­bliche».   Per aver detto che bisogna farsi carico anche dei desideri della Chiesa, Na­politano è stato criticato.  Ma  il punto era un al­tro.«Il presidente Napo­litano ha giustamen­te detto che bisogna ascoltare la voce del­la Chiesa, ma…». Ma? «Ma ha soprattutto difeso la laicità dello Stato riaffermando la necessi­tà che il parlamento legiferi sulle coppie di fatto». Quando dice che sarebbe piùsaggio che ad occuparsene fossero le Camere, Mastella non ha tutti i torti… «In via di principio, ha ragione. Ma ormai, con i ministri Bindi e Pollastrini, il governo, di cui pure Mastel­la fa parte, ha deciso di farsi carico della questione». In tal caso, co­me spiegare il fiorire di mozio­ni parlamenta­ri? «Con le esigenze di visibilità dei singoli partiti: una cosa grottesca, grottesca e incomprensibile».   Per comprendere, giova ricor­dare che nell’Unione i cattolici competono non solo con i laici ma anche tra di loro…«E’ vero, ed è chiaro che così non si arriva a nulla. Siamo di fronte a pro­fonde trasformazioni nella società e nel modo di declinare le libertà indi­viduali e non è più accettabile fare leggi che non corrispondono al sen­tire e al vissuto di milioni di cittadi­ni».   In sintesi?«In sintesi, siamo davanti a un bi­vio: o continuiamo ad accrescere il divario tra la politica e i cittadini o cerchiamo di colmarlo». Non sarà facile: nell’Unione convivono sensibilità oppo­ste. «E’ vero, ma la stessa cosa si può di­re del centrodestra. La verità è che in entrambi gli schieramenti ci so­no forze politiche che pensano di trarre consenso ed alimento da una competizione tra chi è più ligio nel rispondere alle sollecitazioni delle gerarchie ecclesiastiche… Ma, per amor di verità, devo dire che la vec­chia De non si è mai comportata co­sì».   Per amor di verità, bisogna anche dire che i Ds non sem­brano molto determinati sul fronte della laicità…«Dovrebbero esserlo molto di più, è vero. Intendiamoci, non mi sfugge che in Italia la questione cattolica sia più pressante che altrove, eppu­re…».   Eppure?«Esistono principi inderogabili sui quali una forza di sinistra dovrebbe avere posizioni più nette». Quali sono questi principi in­derogabili? «L’ho già detto: le libertà individua­li, e tra queste comprendo anche la libertà di ricerca».   Sul caso Welby, il ministro Livia Turco è stata molto cauta. «Quella di Welby è stata una storia terribile e il rifiuto da parte della Chiesa di riconoscergli il diritto a un funerale religioso mi è sembrato ben lontano da ogni pietà umana».   Dunque?«Personalmente, sono favorevole non solo a una legge che introduca il testamento biologico ma anche all’eutanasia vera e propria».   Lei sa bene che, in Italia, una legge sull’eutanasia non ve­drà mai la luce, vero?«Non ne sarei così sicuro, su questi temi gli italiani sono molto, ma mol­to più avanti non solo delle gerarchie cattoliche ma anche della clas­se politica».

 
 
 

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