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VII CONGRESSO DI RADICALI ITALIANI. COMMISSIONE N°2: NUOVE FORME DI ORGANIZZAZIONE POLITICA

  • Immagine del redattore: Radicali Roma
    Radicali Roma
  • 4 nov 2008
  • Tempo di lettura: 5 min

Libertà di associazione; il modello storico della R/esistenza radicale; sistema elettorale uninominale; anagrafe pubblica degli eletti.

Relazione di Massimiliano Iervolino.

Questa mia relazione dovrebbe riguardare l’anagrafe pubblica degli eletti contestualmente all’iniziativa condotta da Radicali Roma conclusasi con il deposito delle firme il 24 ottobre.

Cercherò, nei limiti del tempo che mi è stato concesso, di fare un discorso anche un po’ più ampio, per poi arrivare all’APE e per porre magari anche qualche domandina che, non solo in commissione ma anche in plenaria, dovrebbe trovare tra noi qualche risposta; infine cercherò di fare qualche proposta, non solo di dibattito, ma anche di iniziativa politica da approntare nei prossimi mesi.

Quando leggo il sottotitolo di questa commissione ed in particolare “il modello storico della resistenza radicale” mi viene in mente quello che è stato per me lo strumento artefice di questa “resistenza”: il referendum. La seconda scheda era, ed uso “era” e poi dirò anche perché oggi non è più come prima e quindi non si può dire più “è”, uno strumento che ci ha permesso tante cose: innanzitutto di dettare per anni l’agenda politica ai partiti, in parte di sostituire quella che era (ed è) la non informazione dei mass media e ci ha permesso di fare campagna elettorale e politica per strada, perennemente. Nonostante l’assenza di informazione dei giornali e delle televisioni e nonostante la Corte Costituzionale attraverso i quesiti referendari eravamo comunque riconoscibili perché presenti per strada con il nostro simbolo, con i nostri tavoli e con le nostre storie. Conseguentemente a questo, ma non solo, eravamo anche capaci di presentarci alle elezioni come lista autonoma, equidistanti dalla maggioranza e dall’opposizione eravamo, anche elettoralmente, visibili agli occhi di molti come “diversi” cioè come la vera opposizione sociale ed istituzionale al monopartitismo imperfetto. Le leggi elettorali che man mano si sono susseguite fino a quella attuale ed i conseguenti proibitivi sbarramenti che si sono delineati ci hanno reso impossibile l’autonomia elettorale.

Un anno di svolta per la resistenza radicale è stato sicuramente il 2005, anno che meriterebbe sicuramente più attenzione ed una maggiore riflessione tra di noi. In quei dodici mesi accaddero due cose importantissime, la prima: il referendum totalmente abrogativo della legge sulla fecondazione assistita fu bocciato dalla Corte Costituzionale, mentre gli altri 4 referendum che passarono il vaglio della Corte risultarono agli occhi della gente troppo scientifici e conseguentemente di difficile comprensione, infatti gli elettori rimasero a  casa e delegarono la materia ai “tecnici”; laseconda: il discorso di Marco Pannella durante un Comitato Nazionale all’Ergife durante il quale lanciò l’idea della “ospitalità”, a mio modo di vedere quello fu un passaggio fondamentale, per la prima volta i radicali rendendosi conto della manifesta inagibilità democratica (vedi referendum, corte costituzionale, quorum e legge elettorale), in occasione delle elezioni regionali del 2005 chiesero ospitalità agli “occupanti” cioè al centro-destra e al centro-sinistra. Questo è un passaggio importante, storico, le cui argomentazioni meriterebbero l’attenzione dovuta magari con conseguente scrittura da parte di qualche studente di una tesi di laurea. Ricordiamo bene come andò a finire quel tentativo, l’ospitalità fu negata sia dall’una, sia dall’altra coalizione, in quella occasione i radicali ruppero ogni trattativa con il centro sinistra che, sul nome di Luca Coscioni presente nel nostro simbolo elettorale, misero un odioso e stupido veto. Anche se quella operazione per le elezioni regionali del 2005 non andò a buon fine, per il sottoscritto, tutte le elezioni che si sono man mano susseguite con le conseguenti alleanze di coalizione hanno sempre avuto una chiave di lettura politica e sociale riconducibile alle ragioni dell’ospitante.

Analizzando le ultime elezioni politiche mi chiedo se il rifiuto del Partito Democratico alla presentazione della lista Radicale non sia stato un rifiuto paragonabile a quello del 2005 quando l’operazione ospitalità tramontò sul nome di Luca Coscioni.

Proprio rispetto a quanto accaduto durante gli ultimi anni dobbiamo ragionare su una cosa molto importante, mi riferisco al rischio sempre più consistente di non poter presentare più il nostro simbolo, noi a Roma alle ultime amministrative ne abbiamo già pagato un prezzo alto, quello è stato un segnale che dovrebbe portarci a riflettere anche nell’ottica delle prossime elezioni europee. Qualora in occasione di queste ultime non dovessimo presentare il nostro simbolo sarebbe la seconda importante partita elettorale dove saremmo irriconoscibili, riconoscibilità che non potremmo cercare nella mobilitazione referendaria per tutti i motivi che ben conosciamo e con questo rischieremo di far percepire alla gente che i radicali sono confluiti nel PD.

Il penultimo Comitato Nazionale di Radicali Italiani ha dato mandato ad Antonella Casu, Michele De Lucia e Bruno Mellano di promuovere tramite la democrazia diretta e quella istituzionale la riforma radicale inerente l’anagrafe pubblica degli eletti. Una iniziativa utile anche per riattivare le Associazioni radicali locali attraverso uno strumento così importante come le delibere di iniziativa popolare. L’associazione Radicali Roma, di cui mi onoro di essere il Segretario, in due anni ha raccolto le firme su altrettante delibere: quella più famosa sulle Unioni Civili e quest’ultima sull’Anagrafe pubblica degli eletti, raccogliendo rispettivamente 10273 e 6722 firme. Le due iniziative sono importanti sia nel merito, sia nel metodo, per quanto riguarda il metodo vanno sottolineati almeno due motivi; il primo: per i cittadini che troppe volte vengono interpellati solo per il voto con questo strumento gli si dà la possibilità di poter partecipare alla vita democratica anche sotto altre forme; il secondo: per restituire centralità politica al Consiglio Comunale, infatti oggi tutte le delibere strutturali, tranne quelle di bilancio, sono delibere di Giunta, questo porta ad avere un’aula consiliare vuota dei suoi poteri, infatti oggi gli eletti votano solo mozioni sui massimi sistemi. Con le delibere di iniziativa popolare non solo facciamo partecipare i cittadini ma diamo importanza al singolo consigliere comunale aiutandolo a riappropriarsi delle funzioni che gli spettano e che incidono direttamente sulla vita dei cittadini.

L’associazione Radicali Roma in questa ultima campagna ha raccolto 6722 firme con un grande sforzo da parte di tutti, 170 tavoli in 90 giorni di mobilitazione e 100 persone che vi hanno partecipato dimostrano quanto ci siamo impegnati su questa iniziativa. E’ stata una campagna difficile perché  nonostante la firma del Sindaco di Roma non c’è stata informazione, neanche la sottoscrizione di Alemanno ha fatto sì che qualche giornale riprendesse la notizia (tranne un trafiletto del Corriere della Sera) né tantomeno ha rilanciato il dibattito sul tema.

Infine una piccola proposta, credo che le iniziative popolari siano utili per indirizzari, scopi politici ed autofinanziamento, ma se volessimo avere un dibattito più esteso dovremmo cercare, in questo periodo in cui si parla di federalismo economico e poco di quello politico, di incardinare dei referendum regionali propositivi su argomenti su cui le maggioranze regionali sono ferme per equilibri politici interni. Ricordo che per i referendum regionali non c’è il giudizio della Corte Costituzionale ma c’è quello di un comitato regionale che preventivamente valuta l’ammissibilità del quesito. Di questi tempi in cui si parla molto di federalismo anche all’americana il referendum regionale sarebbe uno strumento difficile ma da sperimentare.

 
 
 

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